ArteIdeaDesign HOME Le opere Collaborazioni Link Cacciatore di lune
Cacciatore di lune è un viaggio metaforico nell’enigmatica  dualità con cui convivono le diverse nature dell’essere  umano. Tutto si gioca sul doppio, infatti. Caccia-cacciare-  cacciatore: un’azione che rimanda alla necessità primordiale  della sopravvivenza, appannaggio dell’uomo fin dalla notte  dei tempi. Lì dove la parola luna (tanto più se piena)  riconduce all’elemento femminile, con le sue influenze sul  ciclo, sulla nascita, sulle maree. Ma è anche l’espressione  della pura aspirazione al sogno. Utilizzando materiali di recupero, Alessandro Mirigliani  incide la superficie metallica. E’ la prima volta che con  l’elemento naturale del fuoco si cimenta in una  rappresentazione figurativa, tracciando una sagoma  orientata verso un obiettivo lontano. Una figura umana  asessuata, in bilico tra una dimensione e l’altra. Il segno è  appena accennato. Il tratto è veloce, liquido come la schiuma poliuretanica espansa che egli spruzza nel solco e che, in  pochi secondi, formalizza un pensiero a lungo sedimentato.  A contatto con l’umidità dell’aria, infatti, il propellente - nel passare dallo stato liquido a quello gassoso - s’indurisce,  confermando così l’aspirazione alla tridimensionalità di  un’opera concepita come bidimensionale. Uscendo dal solco,  la schiuma illumina il pannello di metallo scuro. “Fin dall’antichità la curiosità ha sempre spinto l’uomo a  chiedersi cosa ci fosse sulla luna.” - afferma Alessandro  Mirigliani - “I vecchi guerrieri vibravano le lance con  l’intento di far cadere la luna o, magari, per far piovere. Si pensava che quando la luna veniva disturbata dai lampi veniva a piovere. Mi sono ispirato all’essere umano che talvolta, quando vuole conquistare qualcosa ma non riesce nel suo intento, preferisce distruggere l’obiettivo, piuttosto che impegnarsi veramente per  raggiungerlo.”  La sfida è anche un elemento che entra in gioco costantemente nel suo lavoro. L’artista che ama Gaudì per  l’estro, Caravaggio per la luce e Renoir per la solitudine che coglie nei suoi dipinti, ha imparato a conoscere i  segreti dei materiali, di cui sa valutare sapientemente le qualità per evidenziarne caratteristiche talvolta  inaspettate. “Mi diverte usare metalli molto pesanti, come il ferro o l’acciaio, tirandone fuori l’animo.”  Moderno alchimista egli accarezza - corteggia - la materia che intercetta, non solo modellandola per dargli  una nuova forma, ma per connotarla di leggerezza, morbidezza, lucentezza. Una capacità di ascolto, la sua,  praticata nel tempo anche attraverso la stretta collaborazione con architetti e designer, nutrita com’è dal  sentimento di reciproca fiducia. “Sono molto fedele all’idea originaria, e molto raramente vengo colto dall’imprevisto. Perché dentro di me ho  una visuale abbastanza completa del risultato, frutto di riflessioni sulle proporzioni, sull’armonia. Tutto,  infatti, deve essere sempre molto armonioso.” A nove anni realizza il suo primo oggetto di design: una lampada che regala alla mamma. “Dal fondale  marino presi una conchiglia Pinna nobilis alta un metro e la misi in un contenitore di plastica che riempii di gesso liquido. Una volta asciugato il gesso divenne la base della grande cozza, a cui feci un buco dove misi il  portalampada. Sono nato a duecento metri dal mare, a Cagliari, e nei fine settimana passavo giornate intere  sulla spiaggia a cercare conchiglie per realizzare oggetti. Solo molti anni dopo ho scoperto il geco di Gaudì,  rendendomi conto che istintivamente mi ero avvicinato a quella poetica.” Anche se sono ormai oltre trent’anni che Mirigliani ha lasciato la Sardegna, il mare e, in generale, la natura  possente della sua terra rappresentano un irrinunciabile punto di riferimento nella sua ricerca. “Mio padre, come mio nonno, faceva il pescatore e anche da parte materna era una famiglia di pescatori.  Abitavamo così vicino al mare che, da bambino, mia madre mi diceva di avvisarla quando vedevo rientrare la barca di papà, così poteva buttare la pasta. Ricordo anche i pomeriggi, a Cagliari, quando si alza il levante  che portava la salsedine dentro casa. Per tantissimi anni ho fatto anche attività subacquea. Il mare in  tempesta, per me, è la cosa più bella in assoluto: posso rimanere a guardarlo per ore. Mi rilassa, forse perché  ritorno bambino e mi lascio alle spalle i problemi dell’essere adulto.” L’acqua, quindi, come cardine tra l’elemento strutturale della terra e l’unità fondamentale del fuoco, simbolo  di compiutezza e totalità, passando per l’aria: ponte tra i due opposti complementari, femminile e maschile. Il laboratorio-studio è una vera fucina, ma anche un luogo di meditazione per l’artista che - circondato dagli  attrezzi di lavoro (il maglio, la saldatrice, la fiamma ossidrica… come pure gli acidi per ottenere le sfumature  cromatiche) - si lascia guidare dalla sua voce interiore. “Adoro stare da solo e creare. È come quando mi trovo  in riva al mare e lo guardo stando seduto sulla spiaggia”. Alessandro bambino che guarda il mare è anche l’adulto “cacciatore di lune” che sposta lo sguardo più su,  consapevole che l’orizzonte è un bene prezioso che appartiene all’umanità, veramente irraggiungibile o forse  no. (Manuela De Leonardis)
Interior design
Le opere
Le Collezioni Mostre ed espos. Alessandro Mirigliani